mercoledì 17 ottobre 2012

Incontro con l'autore... Eugenio Nascimbeni!


Buongiorno cari lettori! Oggi la Locanda ospita Eugenio Nascimbeni per una nuova puntata della rubrica "Incontro con l'autore". Eugenio ci parlerà un pò si sè e del suo ultimo romanzo L'angelo che portava la morte.

Oscuri omicidi seriali
ispirati ad un antico rituale.
Un'enigmatica figura che
agisce nell'ombra.
Un mistero che si scioglie
solo all'ultimo capitolo.


Titolo: L'angelo che portava la morte
Autore: Eugenio Nascimbeni
Editore: Lettere Animate
 Anno di pubblicazione: 2012
Formato: Brossura
Pagine: 189
Genere: Thriller/Giallo
Prezzo di copertina: €13.00

TRAMA

Giorgio Ferrandi, un affermato scrittore di romanzi gialli che vive in provincia di Bergamo, ha un forte legame con sua zia Angelina, una simpatica ed arzilla vecchietta ospite della casa di riposo Villa Azzurra di Alghero. Durante le sue vacanze estive raggiunge l’anziana parente proprio nello stesso periodo in cui avvengono strani decessi tra le pazienti. Davvero esiste un misterioso assassino che compie quei delitti ispirandosi ad un antico rituale appartenuto alle vecchie accabadoras della Sardegna rurale d’un tempo, donne che venivano chiamate dai familiari degli agonizzanti per porre fine alle sofferenze dei propri cari? Ferrandi e sua moglie s’improvvisano detective e cominciano a indagare a tutto campo, dapprima quasi per gioco, poi con sempre maggiore convinzione. Quando sembrano giunti alla possibile spiegazione del mistero, un susseguirsi di colpi di scena li strappa brutalmente alle loro certezze, proiettandoli fino all’imprevedibile soluzione del mistero.


QUI potete trovare un'altra video/intervista di Eugenio Nascimbeni

Sul sito web ufficiale dell'auotre troverete tante informazioni interessanti: www.eugenionascimbeni.jimdo.com 
 

 INTERVISTA

1) Eugenio benvenuto alla Locanda dei Libri! Ci vuoi raccontare qualcosa su di te?
Con grande piacere, non prima di averti ringraziato per l’ospitalità. Sono sposato, ho tre figli, lavoro a Milano in un grande gruppo editoriale in qualità di supervisore dei crediti aziendali, e nel tempo libero coltivo numerosi hobby. Innamorato della musica rock e blues, seguo da tempo Bruce Springsteen, di cui sono accanito fan. Mi piace molto scrivere, ma anche leggere. Uno degli autori che preferisco in assoluto è Jorge Amado, superbo e indimenticabile scrittore brasiliano. Amo collezionare segnalibri, campanellini, bicchieri di vetro artistici e quando ho un po’ di tempo strimpello la mia vecchia chitarra, cosa che mi procura un grande relax.

2) Da quanto tempo ti dedichi alla scrittura e perché?
Devo confessarti che la mia passione per la scrittura creativa ha origini lontane. Da ragazzino ho cominciato con qualche poesia, poi via via sono passato ai racconti, per approdare infine ai romanzi. La motivazione che mi spinge a scrivere è quella di condividere con i lettori una storia avvincente, cercando al tempo stesso di mantenere molto alta la tensione narrativa per tenerli inchiodati alle pagine. Un lettore mi ha scritto di non essere riuscito a staccarsi neppure un momento da “L’angelo che portava la morte”, a tal punto la storia l’aveva avvinto. È stato uno dei migliori complimenti che abbia mai ricevuto.

3) Da cosa trai ispirazione per scrivere?
Da questo punto di vista spesso la cronaca nera è ricca di spunti di riflessione e lavorando con un po’ di fantasia può saltare fuori per davvero qualche buona idea. In molte altre occasioni ci vuole un discreto spirito di osservazione per cogliere, magari osservando un oggetto di uso comune o un volto incontrato per la strada, una possibile trama e l’avvio di un primo sviluppo narrativo.

4) “L’angelo che portava la morte” com’è nato?
Del tutto casualmente, direi. L’estate di un paio d’anni fa mi trovavo in Sardegna, dove da tempo risiede tutta la mia famiglia. In quell’occasione mia sorella mi omaggiò di un bellissimo saggio che trattava delle accabadoras, donne che nella Sardegna rurale d’un tempo venivano chiamate dai parenti degli agonizzanti per porre fine alle sofferenze dei propri cari. Non si trattava di efferati delitti, ma di atti di misericordia che venivano officiati seguendo le precise regole di un antico rituale. Devo confessare che nonostante la mia assidua frequentazione dell’isola non ne avevo mai sentito parlare: apprenderlo stimolò a tal punto la mia immaginazione che mi venne subito l’idea per un romanzo dalle tinte gialle.

5) Questa è la tua prima pubblicazione?
No. Come autore ho già debuttato nel 2007 con il romanzo thriller “Il traghettatore” pubblicato (free) da Leonardo Facco Editore. Negli anni successivi ho pubblicato in self publishing un paio di romanzi e una raccolta di racconti. “L’angelo che portava la morte”, pubblicato da Lettere Animate, è il mio 4° romanzo.

6) Senza svelare troppo ovviamente, ci puoi raccontare un po’ del tuo libro?
Il protagonista del romanzo è Giorgio Ferrandi un affermato scrittore di romanzi gialli che vive in provincia di Bergamo. L’unica persona cui è legato, a parte sua moglie Marika, è un’anziana zietta che vive, con molti acciacchi, nella casa di riposo Villa Azzurra di Alghero. La storia ha inizio proprio con l’omicidio di un’anziana ospite di Villa Azzurra, soffocata nel sonno da una mano misteriosa. Questa enigmatica figura recita un’antica formula e sembra adottare il rituale tipico delle accabadoras, tanto che nella casa di riposo qualcuno comincia sottovoce a sollevare il sospetto che la vecchia non sia morta di morte naturale, ma che sia stata deliberatamente uccisa. Intanto le condizioni di Angelina, la zia di Ferrandi, cominciano a peggiorare e allora il direttore di Villa Azzurra chiama l’amico scrittore per suggerirgli di recarsi ad Alghero per recare un po’ di conforto alla propria parente, tra l’altro da tempo costretta sulla sedia a rotelle da una brutta forma di flebite. Qui ha modo di raccontargli il chiacchiericcio che ha raccolto, vale a dire dei pettegolezzi che vorrebbero davvero far credere che una misteriosa assassina si aggiri per Villa Azzurra, considerato che alla vecchia è stata rimossa la catenina d’oro che portava al collo, proprio come imponeva il vecchio rituale delle accabadoras che spogliavano gli agonizzanti di ogni simbolo religioso o sacro. Quando un’altra anziana paziente viene trovata morta nelle medesime circostanze i sospetti s’ingigantiscono e così Ferrandi e sua moglie s’improvvisano detective per cercare di dare un nome e un volto a quello che appare ai loro occhi, in quel momento, soltanto un fantasma inquieto che si agita nelle loro menti. Da quel momento in poi la tensione narrativa sale vertiginosamente e tra indagini, rivelazioni, false piste e nuove morti misteriose, si giunge sino al colpo di scena finale.

7) E’ molto interessante l’elemento folcloristico delle “accabadoras”! Ce ne puoi parlare?
Il termine “accabadora” deriva dallo spagnolo “acabar” e in pratica significa “quella che finisce”. Molti scrittori e innumerevoli viaggiatori, come Alberto della Marmora o William Henry Smyth, hanno parlato di questa figura sin dal 1800. Le tracce di questi interventi coprono un arco di tempo molto ampio e pare giungano sino a qualche decennio fa. Occorre sottolineare che nella Sardegna rurale d’un tempo l’accabadora era quasi una necessità. Le distanze per raggiungere un medico, infatti, erano enormi e nel migliore dei casi il viaggio poteva protrarsi per alcuni giorni: nel frattempo l’agonizzante pativa le pene dell’inferno. L’intervento di questa donna, dunque, era da intendersi come un atto di pietà, di pura e umana misericordia. Il rituale prevedeva che venissero rimosse dalla stanza e dal corpo del malato tutte le immagini sacre: la motivazione di ciò è da ricercare nella convinzione che la presenza di tali oggetti impedivano all’anima di librarsi in volo, prolungando in tal modo la vita e dunque la sofferenza. Le soppressioni, se posso utilizzare un termine un po’ crudo, avvenivano per soffocamento oppure sferrando sull’osso parietale un preciso colpo con “su mazzolu”, una sorta di martello artigianale costruito con un ramo di ulivastro, lungo all’incirca 40 cm e molto resistente. Un esemplare è custodito nel bellissimo museo Galluras a Luras, in Sardegna. La scorsa estate ho avuto il piacere di visitarlo ed è stata per me una grande emozione poterlo osservare da vicino. I più curiosi possono ricercare sul web il sito del museo ed effettuare una piccola visita virtuale.

8) Secondo te, per quale motivo il pubblico dovrebbe leggere “L’angelo che portava la morte”?
Perché è un giallo avvincente che cattura l’attenzione già dalla prima pagina, e poi perché non ha mai cali di tensione. È indicato per quei lettori che amano il genere poliziesco, nel senso più ampio del termine, e che quando s’immergono nella lettura divorano letteralmente i libri. Se ne cercate uno che vi tenga incatenati alle pagine, “L’angelo che portava la morte” fa davvero al caso vostro.  Vorrei infine sottolineare che nel romanzo ci sono anche diversi riferimenti alla cultura sarda. La lettura di questo libro permette dunque di conoscere qualcosa in più di questa bellissima isola. 

9) Credi di continuare a dedicarti al thriller o pensi di esplorare anche generi diversi?
Diciamo che ho sempre avuto una spiccata inclinazione per le vicende misteriose e piene di suspense. In qualità di scrittore ciò ha senz’altro contribuito ad orientarmi verso questo genere di storie, un genere che va dal giallo al thriller, passando per il noir. Non escludo tuttavia, in un prossimo futuro, di cimentarmi con altri generi letterari, naturalmente se la storia che mi verrà in mente me lo permetterà.

10) Per caso stai già pensando ad un altro romanzo?
A dire il vero sto seguendo più di un progetto. Ho cominciato a scrivere l’abbozzo per un paio di nuovi thriller, ma al tempo stesso sto pensando molto intensamente ad un romanzo gotico e ad una raccolta di poesie sui miti del rock e del cinema.

11) Ti andrebbe di lasciare un consiglio a tutti coloro che sognano di diventare scrittori?
Mi permetto di segnalarne tre. Il primo consiglio che mi sento di dare è quello di leggere a tutto spiano tutto ciò che capita sotto tiro: a mio modo di vedere, prima di diventare dei buoni scrittori occorre essere dei grandi lettori. Il secondo è quello di essere molto esigenti ed onesti con se stessi. Il terzo, forse il più importante, è quello di stare alla larga dall’editoria a pagamento: pagare per pubblicare può soddisfare il vostro egocentrismo, ma uccide la vostra Opera.

Eugenio l’intervista è finita e io ti ringrazio di essere stato mio ospite, grazie per averci fatto conoscere meglio te e il tuo romanzo giallo.
Torna a trovarmi alla Locanda dei Libri quando vuoi!
Ciao Claudia e a presto!

4 commenti:

 

blogger templates | Make Money Online