venerdì 11 gennaio 2013

Regalibro "Il mistero del bosco maledetto"


Ed eccoci al quarto regalibro che sono felice di potervi offrire, grazie alle Edizioni L'Età dell'Acquario!
Un libro perfetto per gli appassionati di mitologia celtica e di misteri, scritto da un mio concittadino: Daniele Ramella.


TRAMA

Un bosco silenzioso ai piedi di una montagna. Un allineamento di pietre, che testimonia remote presenze celtiche. Una casa isolata, circondata da alberi secolari. Nella casa, una donna attende la morte, preannunciata dalle fiaccole di coloro che la odiano. Ma la donna ha ancora tempo per un’ultima terribile maledizione, che colpirà inesorabilmente i suoi assassini. Alcuni anni dopo, una squadra di archeologi arriva in quello stesso bosco per iniziare una serie di scavi sul sito celtico. Tra loro c’è il giovane Luca Romani, in cerca di nuovi stimoli, forse di se stesso. Troverà invece il mistero, rappresentato da un inquietante e indecifrabile graffito, raffigurante una creatura mostruosa dalla doppia coda di pesce. Ma troverà anche l’amore, puro e passionale, per una donna, la misteriosa Melusina, ragazza dall’oscuro passato e dai tenebrosi segreti. Chi è Melusina? Donna, fata o strega? Spirito d’amore o strumento di morte? Che significato ha la sirena a due code che sembra collegare Melusina al sito celtico? Perché alcuni abitanti del luogo ostacolano in tutti i modi il lavoro del gruppo di archeologi? Quali inconfessabili segreti cercano di nascondere? Quando l’elenco dei misteri inizierà ad allungarsi sempre di più, e l’incubo sembrerà avvolgere ogni cosa, Luca Romani potrà contare solo sulle proprie forze e sull’aiuto di un vecchio amico, l’ispettore Sergio Foschi, per sopravvivere ai nemici umani e soprannaturali che lo circondano. Intanto, nella sua fredda tomba d’acqua, un’innominabile creatura attende di essere risvegliata, per compiere la sua vendetta finale, invocata dalla chiamata del sangue… 

Regoline:

1) Per partecipare è necessario lasciare un commento in questo post rispondendo a questa domanda: 
"Qual'è la tua leggenda o il tuo mito preferito, e per quale motivo?"

2) Se avete un blog, esponete il banner del "regalibro" a cui partecipate.

3) Fornite un indirizzo e-mail al quale poter essere contattati. Se non volete renderlo pubblico, potete inviarlo in privato al mio contatto: claudia.gianasso@libero.it

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9 commenti:

  1. fraghi88@alice.it

    condiviso su fb come francesca ghiribelli
    https://www.facebook.com/fraghi88
    e su mio blog
    http://francescaghiribelli.blogspot.it/

    la mia leggenda preferita è la 'leggenda della merla'che fra non molto si avvicina

    ho dedicato una mia poesia a questa leggenda te la lascio sul blog, ovviamente non per avere nessun punto in più rispetto alle altre,non sarebbe giusto, ma per il piacere di fartela leggere! adoro scrivere soprattutto poesie e anche con rime a filastrocca!

    I giorni della merla

    Che birichina la fata dell’inverno:
    si divertiva ad attender con sorriso gaio
    il freddo e rigido Gennaio;
    lì intorno infuriava vento gelido
    e candida neve
    faceva da veste al suono più lieve,
    ma niente fermò quella giovane fringuella
    che ogni anno sorbiva
    quella bufera
    che neanche il tempo leniva.
    Com’era faticosa la salita
    per poter trovare le provviste
    con cui la sua tana era riempita;
    un giorno però
    pensò bene di fregare il nemico
    e dopo aver raccolto abbastanza cibo
    la merla si chiuse nel suo nascondiglio
    senza veder per un mese
    del sole lo scintillo,
    ma Gennaio ne aveva ventotto
    e proprio quel giorno la dolce merla
    uscì coraggiosa e beffarda
    di avercela finalmente fatta.
    L’inverno però come risposta
    al suo perentorio e orgoglioso canto
    chiese un clamoroso scambio:
    tre giorni di rivincita a Febbraio
    che del freddo era sempre più mago
    e all’improvviso si scatenò
    il peggior inferno
    che si può avere dall’inverno.
    La merla però trovò riparo
    nella quieta conchiglia di un camino
    e lì vi restò
    per quei tre giorni di freddo repentino,
    ma al termine di quel diretto affronto
    nacquero sottili raggi di pallido sole
    e la merla
    uscì dalla sua chetichella
    sana e salva ed ancora più snella,
    ma le sue candide piume di colomba
    si erano annerite di fuliggine
    e da quel giorno la sua livrea
    assomigliò al dolce sguardo
    della notte più nera.
    Eh, cara fringuella
    questo prezzo pagasti
    per dare colore alla leggenda,
    ma un fondo di verità
    la tua storia ce l’ha,
    perché segni l’anticipo
    della primavera
    se il freddo di quei giorni è bufera
    e il suo tenero ritardo
    se la temperatura è mite come un raggio.
    Quelle tre notti furono
    e continuano ad essere memoria,
    mentre attendo l’inverno
    che porta di nuovo la leggenda
    di quei mitici giorni della merla.


    Francesca Ghiribelli









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    1. Francesca è molto molto carina la tua poesia, davvero.... brava!!!

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  2. Davvero un libro!molto interessante...
    Allora essendo sarda una delle mie leggende preferite è quella delle "Janas".

    Le Janas erano delle piccole fate che vivevano dentro piccole grotte scavate nelle roccia (le domus de jana). La loro pelle era candida e per non farla rovinare dai raggi del sole uscivano soltanto la notte. Si narra che avessero delle dita sottili e molto delicate ma con delle unghie lunghissime e d'acciaio con cui scavavano le loro casette nella roccia. Si spostavano camminando sull'aria senza che i loro piedi toccassero mai terra. Molti genitori chiamavano come madrina del loro bambino una Jana che avrebbe vegliato su di lui per tutta la vita.
    Le Janas trascorrevano la giornata a tessere abiti preziosi con fili d'oro e d'argento cantando una dolce melodia che incantava. Custodivano un grande tesoro di cui erano gelosissime; nessun'uomo poteva avvicinarsi a toccarlo davanti ai loro occhi altrimenti oro e gioielli si sarebbero tramutati in cenere e carbone.
    In diversi luoghi della Sardegna esistevano anche Janas cattive che stendevano un velo incantato attorno alle loro grotte che ricopriva tutta la pianura. Così catturavano i viandanti che venivano incantati e dopo si cibavano del loro sangue.
    Quindi vediamo le Janas sia come fate buone che come streghe cattive, ma un grande mistero si aggira attorno alla loro leggenda.

    Se non conoscevi questa leggenda, anche se è solo una parte, spero ti sia piaciuta... ^-^

    Ho condiviso sulla mia pagina Facebook:
    http://www.facebook.com/photo.php?fbid=317224021730391&set=a.159302267522568.32407.150644381721690&type=1&theater
    E sul mio profilo Twitter:
    https://twitter.com/Sarinax7x/status/289691213467119616/photo/1

    La mia mail: sarina_igle@live.it

    Grazie ancora ci stai viziando troppo!^-^

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  3. Grazie per aver condiviso questa leggenda! Mi è piaciuta molto!
    un abbraccio anche alla Clody^^

    la Zia Artemisia

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  4. IL MITO CHE AVVINCE SEMPRE NOI DONNE
    La Maga Circe "moderna" donna dalle mille risorse….
    Virgilio definì Ponza l’isola di Circe e c’è infatti chi sostiene che lì vivesse la maga che, giunta con il carro del sole sull’isola "che il mar senza confine circonda" (Omero), tramutò in porci i deboli i uomini e le donne in sirene per attirare i naviganti con il loro canto.
    Anche il furbo Ulisse nella sua navigazione giunse all’isola con i suoi compagni e secondo il mito essi furono trasformati in porci con una bevanda che anche l’eroe greco aveva sorbito ma si salvò con un’erba che gli aveva dato Mercurio, un antidoto. La storia: del discorso fatto da Ermes, Odisseo se ne infischia. L’unica cosa che gli importa è non rimanere vittima dell’incantesimo e quando si trova da solo con la maga, non prima comunque di averla corteggiata, pretende che Circe liberi i compagni dalle vesti di maiali.
    Nonostante il dio avesse detto "ammaliarti non potrà", lo ammalia, eccome! Vi pare che altrimenti sarebbe rimasto in sua compagnia per un anno?
    Ma i nostri eroi per dieci anni avevano combattuto una guerra e, anche se presumibilmente qualche ancella “servizievole “ l’avevano trovata, erano lontani da casa e come si può resistere a tale tentazione? La casa di Circe "pullulava" di graziose fanciulle che non disdegnavano la compagnia maschile. E’ facile immaginare che a tutti piacesse restare anche senza filtri magici !!
    Dopo un anno i compagni si stufano, si sono divertiti abbastanza e chiedono al loro capo di riprendere il mare. Quanto gli uomini sono volubili: si stancano presto delle donne e vogliono cambiare aria. Il meno convinto era Ulisse, ma viene convinto dai compagni Circe era venuta a noia e la maga riluttante lo lascia andare avendo raggiunto l’obiettivo di accalappiarsi l’uomo più astuto del mondo. Ulisse chiede il permesso (non è certo da eroe!) e lei acconsente e lo convince a compiere un viaggio (un altro!) nell’Oltretomba, dove l’indovino Tiresia gli avrebbe predetto il futuro. E Circe? Pare che l’unione tra i due avesse dato dei figli: Telegono, che secondo una leggenda ucciderà involontariamente il padre a Itaca per fare la sua conoscenza, e anche una certa Cassifone. Non sappiamo quanti figli esattamente l’eroe abbia sparso in giro per il Mediterraneo, ma la sua era decisamente una famiglia moderna: allargata. Le storie delle famiglie si intrecciano: che dopo essere giunto ad Eea, insieme alla madre, Telemaco sposò la sorellastra (l’incesto non destava scandalo a quei tempi !!) e Cassifone lo uccieo subito dopo le nozze per vendicare la madre Circe, uccisa dal fratellastro-marito.
    . Il fatto è che i Romani volevano a tutti i costi attribuire l’origine di molti luoghi italici agli eroi omerici, e così è sorto una specie di labirinto di nomi dal quale, una volta entrati, non si esce più Comunque la maga Circe presso i Latini ha avuto molta fortuna e nonostante i suoi poco limpidi comportamenti, fu deificata ed onorata nella sua “isola” oggi nota come promontorio Circeo, che da lei prende il nome. Ancora nella mitologia romana si trova questa affascinante seduttrice: rifiutata da Pico, innamorato di Pomona, lo mutò in picchio. Una maga, una strega che utilizza il suo potere per sedurre gli uomini, i mortali e se questi non soddisfano le sue brame ella li muta in animali.Chi meglio di lei, può incarnare il Mondo del Virtuale???

    complimenti per le tue iniziative sempre originali e sorprendenti
    simonetta

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  5. Partecipo anche a questo.. :D A me piace molto il mito delle Sirene.. Eccolo:

    Le Sirene erano nei lontani tempi mitologici,le affascinanti figlie dell'Oceano. Abitavano presso l'isola di Sardegna e, posate sugli scogli o fra le onde, attendevano i naviganti per incantarli. Avevano volti bellissimi di donna e corpo terminante in coda di pesce, e il loro canto era così armonioso che nessuno poteva ascoltarlo senza esserne ammaliato inesorabilmente. I marinai, per udire le loro voci melodiose, dimenticavano di mangiare e si gettavano sulla tolda, lasciandosi consumare d'inedia,o, attratti dall'irresistibile canto e dai volti delle ammaliatrici, si gettavano a capofitto nel mare. Giasone e i suoi compagni, dopo essere fuggiti rapidamente dalla Colchide col Vello d'Oro che avevano conquistato, si erano diretti verso la Grecia. Avevano attraversato il Mar Nero,risalendo il Danubio e, attraverso il Po e il Rodano erano arrivati all'isola di Sardegna ove stavano in agguato le figlie del mare. Esse, appena videro la bella nave costeggiare le rive, le si avvicinarono e cercarono con i canti dolcissimi accompagnati dal suono della lira, di fermarne il rapido viaggio. Ma Orfeo, il musico divino che faceva parte della spedizione, comprese il pericolo che li circondava e, affinché i marinai non udissero le insidiose canzoni, prese a suonare la sua lira.
    E la melodia di Orfeo era così deliziosa che tutti gli uccelli accorsero intorno alla nave per ascoltarla, i delfini circondarono la carena incantati, e perfino le Sirene cessarono di modulare le loro canzoni maliarde, sedotte dalla musica del divino Orfeo. Così, nel silenzio religioso degli uomini e degli animali, entro le calme acque del Mar di Sardegna, passò incolume la bella nave. Cantò a lungo, instancabile, modulando dolcissimi accordi, finché la nave non ebbe superato i sinistri paraggi della Sardegna.
    Le Sirene attesero silenziose e tristi che il canto soave si allontanasse, poi indispettite e umiliate di essere state vinte da Orfeo, si gettarono dalle rocce in mare con i loro strumenti. Giove, pietoso, le mutò in alte scogliere dominanti le acque della Sardegna.

    Mi piace perché è bello pensare che con la musica si possano superare alcuni ostacoli della vita.. :) (sono musicista ;) )
    mail: citylive@hotmail.it
    ho condiviso su fb:
    http://www.facebook.com/sara.laddy.9/posts/316693678431040

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  6. Un mito che mi affascina da sempre è uno legato alla mia terra, ovvero quello delle streghe di Benevento:
    La leggenda nasce attorno al XIII secolo e si sviluppa successivamente attirando curiosi e scrittori.
    Secondo le testimonianze delle presunte streghe, il noce doveva essere un albero alto, sempreverde e dalle qualità nocive. Sono svariate le ipotesi sull'ubicazione della Ripa delle Janare, il luogo sulla riva del Sabato dove si sarebbe trovato il noce. La leggenda non esclude che potessero essere più di uno. Pietro Piperno, pur proponendosi di smentire la diceria, inserì nel suo saggio una piantina che indicava una possibile collocazione del rinato noce di san Barbato, nonché della vipera d'oro longobarda, nelle terre del nobile Francesco di Gennaro, dove era stata apposta un'iscrizione per ricordare l'opera del santo. Altre versioni vogliono il noce posto in una gola detta Stretto di Barba, sulla strada per Avellino, dove si trova un boschetto fiancheggiato da una chiesa abbandonata, o in un'altra località di nome Piano delle Cappelle. Ancora, si parla della scomparsa Torre Pagana, sulla quale fu costruita una cappella a San Nicola dove il santo avrebbe fatto numerosi miracoli.
    I sabba e i malefìci [modifica]
    La leggenda vuole che le streghe, indistinguibili dalle altre donne di giorno, di notte si ungessero le ascelle (o il petto) con un unguento e spiccassero il volo pronunciando una frase magica (riportata all'inizio della pagina), a cavallo di una scopa di saggina o, secondo altre versioni, in groppa ad un «castrato negro» voltandogli le spalle. Contemporaneamente le streghe diventavano incorporee, spiriti simili al vento: infatti le notti preferite per il volo erano quelle di tempesta. Si credeva inoltre che ci fosse un ponte in particolare dal quale le streghe beneventane erano solite lanciarsi in volo, il quale perciò prese il nome di ponte delle janare, distrutto durante la seconda guerra mondiale.
    Ai sabba sotto il noce prendevano però parte streghe di varia provenienza. Questi consistevano di banchetti, danze, orge con spiriti e demoni in forma di gatti o caproni, e venivano anche detti giochi di Diana.
    Dopo le riunioni, le streghe seminavano l'orrore. Si credeva che fossero capaci di causare aborti, di generare deformità nei neonati facendo loro patire atroci sofferenze, che sfiorassero come una folata di vento i dormienti, e fossero la causa del senso di oppressione sul petto che a volte si avverte stando sdraiati. Si temevano anche alcuni dispetti più "innocenti", per esempio che facessero ritrovare di mattina i cavalli nelle stalle con la criniera intrecciata, o sudati per essere stati cavalcati tutta la notte. In alcuni piccoli paesini campani, tra gli anziani circolano ancora voci secondo cui le streghe di Benevento, di notte, rapiscano i neonati dalle culle per passarseli tra loro, gettandoli sul fuoco, e terminato il gioco li riportino lì dove li avevano presi.
    Le janare, grazie alla loro consistenza incorporea, entravano in casa passando sotto la porta (in corrispondenza con un'altra possibile etimologia del termine da ianua, porta). Per questo si era soliti lasciare una scopa o del sale sull'uscio: la strega avrebbe dovuto contare tutti i fili della scopa o i grani di sale prima di entrare, ma nel frattempo sarebbe giunto il giorno e sarebbe stata costretta ad andarsene. I due oggetti hanno un valore simbolico: la scopa è un simbolo fallico contrapposto alla sterilità portata dalla strega, il sale si riconnette con una falsa etimologia alla Salus.
    Se si era perseguitati da una janara, ci si liberava di essa urlandole dietro «Vieni domani a prendere il sale!»; se si nominavano le janare in un discorso, si scongiurava il malaugurio con la frase «Oggi è sabato».
    EMAIL: marinacipolletta@virgilio.it
    FB: Marina Cipolletta

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  7. Sono molto legata al mondo orientale, alla sua cultura e alle tradizioni.
    Non sono una ragazza romantica, tutto ciò che è sdolcinato non mi è mai piaciuto!
    Però c’è una leggenda cinese che mi è rimasta particolarmente impressa.
    E’conosciuta un po’ ovunque penso, la leggenda de “Il filo rosso del destino”. Famosa anche in Giappone (spesso infatti si attribuisce al paese nipponico l’origine di questo racconto) e su cui sono basate molte altre storie.
    La leggenda narra che appena nati ognuno di noi ha legato al mignolo della mano sinistra un filo rosso il cui altro estremo è legato al mignolo della persona a cui siamo destinati, la nostra anima gemella.
    Non importa cosa accadrà, prima o poi i due amanti sono destinati ad incontrarsi e a vivere la loro vita insieme, per sempre. Il filo rosso è forte e resistente, niente potrà spezzarlo!
    Non credo nel destino, tanto meno in quello dell’amore. Però voglio credere che tutti abbiano al mondo una persona a cui donarsi e da cui ricevere tutto l’amore di questo mondo :)

    La mia mail è
    sweepertk@gmail.com

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  8. Apprezzo molto gli autori italiani che si destreggiano in un genere come il fantasy che purtroppo nel nostro paese è stato lungamente sottovalutato e accantonato come storie per bambini. Partecipo quindi volentieri al giveaway sperando di poter leggere questo libro.

    Per quanto riguarda le leggende, una che mi è molto cara è quella del Ponte del Diavolo di Borgo a Mozzano. Andare in questo bellissimo paesino della garfagnana rievoca sempre in me le sensazioni di questa antica leggenda e ricordo che da bambina ero sempre emozionata quando attraversavo il bel ponte di pietra. La leggenda narra che venne iniziata la costruzione del ponte, ma quesa non era certo un'opera semplice e il capomastro non sapeva proprio come fare per far stare in piedi questo ponte dall'ampio arco. Un giorno quindi gli si presentò il diavolo che gli propose un patto: il ponte sarebbe stato costruito e in una sola notte a patto che gli fosse concessa l'anima del primo essere vivente che avrebbe attraversato il ponte. Il capomastro accettò il pattò e all'alba il ponte era terminato. Questi però aveva portato un cane e lasciò che fosse lui il primo essere a attraversare il ponte. Il diavolo infuriato non potè fare altro che rispettare il patto e si lanciò nel fiume con l'anime del cane.
    Forse molti di voi conosceranno già la storia, visto che è abbastanza conosciuta, ma vi consiglio anche di visitare il luogo, davvero bello, come d'altronde tutta la garfagnana.

    La mia mail: elisa_p_li@yahoo.it

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