Benvenuti alla Locanda dei Libri per una nuova puntata di Incontro con l'autore!
Oggi sono felicissima di ospitare l'esordiente Bernardo Notargiacomo, autore di una delle ultime novità di questi mesi: La memoria degli alberi.
Un romanzo speciale e promettente a mio parere, ed è proprio per questo che sono contenta di essere riuscita ad intervistare Notargiacomo, il quale ha reso questa chiacchierata davvero interessante!
Tutti i dettagli sul libro e la piccola biografia
dell'autore li trovate cliccando QUI
INTERVISTA
1. Ciao
Bernardo, benvenuto alla Locanda dei Libri! La prima domandona: chi è Bernardo
Notargiacomo?
È una
persona curiosa nei confronti del mondo e delle sue mille sfaccettature, amante
dei libri dai quali non si stacca quasi mai.
2. Sognatore o
uomo con i piedi per terra?
Bisogna
sognare molto forte, con maggiore decisione, se si vuole che i propri sogni si
realizzino. E in questo caso si diventa un misto delle due cose.
3. E’ vero che
sei un viaggiatore? Cosa ti hanno insegnato i tuoi viaggi e quanto hanno
contribuito al tuo percorso di scrittore?
Ho viaggiato
abbastanza, sì. Quando avevo 14 anni fantasticavo d’imbarcarmi su qualche nave
e girare il mondo così. Poi, a 21, ho fatto il
mio primo lungo viaggio in Asia e da lì non ho mai smesso del tutto. Ho
vissuto spesso tra la gente dei luoghi che visitavo, dall’Asia alla Polinesia o
gli Stati Uniti. Sono stato sposato con una bella donna cubana che è ancora mia
amica, e ho avuto per parenti o amici persone di altre culture, altri luoghi.
Amo in particolare l’Asia, ma anche la Polinesia, di cui per un periodo ho
abbracciato lo spirito.
Tra fare una
vacanza e un viaggio c’è una grande differenza. Nel primo caso si vuole solo
staccare dalla routine e sfuggire allo stress del quotidiano. Il viaggio invece
è un percorso interiore, che in teoria non ha fine. Si viaggia con ogni mezzo a
disposizione, adattandosi, perché si è alla ricerca di qualcosa e, se si è
pronti, se ne trova una parte ogni giorno. Il vero viaggio poi è in solitudine.
Niente gruppi grandi, semmai una persona scelta, o meglio amata. Si possono
incontrare persone, condividere tratti di strada, ma essenzialmente si percorre
un cammino che ci porta a sperimentare, riflettere e cambiare di continuo. Quando si viaggia, poi, un libro è indispensabile.
Ti parla, ti mostra le cose sotto una luce nuova, facendoti compiere un viaggio
nel viaggio.
L’aver visto
cose e persone sorprendenti, l’essermi sforzato di vedere la realtà da altri
punti di vista, l’aver amato chi viveva nel posto per me più lontano, ha
contribuito a farmi sentire più ricco. E questo è qualcosa di fondamentale,
quando si vuole scrivere.
4. Qual è
stato il cammino che ti ha portato a scrivere La memoria degli alberi?
Un
cammino tortuoso, nato da un’idea semplice, che mi ha raggiunto mentre
innaffiavo le mie piante. Il tutto è nato dalla mia passione per il mondo
vegetale, tempo fa molto più spiccata di ora. In particolare, ho avuto una vera
e propria visione. Un punto di vista diverso. Per descriverlo, ho dovuto
lavorare molto sulla cifra narrativa. Ho capito che dovevo usare un linguaggio
semplice ma suggestivo, con rimandi ai classici di altre epoche. Ho faticato a
rendere fluida e semplice una vicenda fantastica, densa di avventure e poesia,
che scritta in altri modi non avrebbe mai potuto reggere. E a proposito di
viaggi, il manoscritto mi ha davvero accompagnato ovunque, come i personaggi
che lo abitavano e che poco alla volta hanno assunto contorni sempre più netti.
5.
Com’è il tuo rapporto con la Natura?
La
natura mi lascia spesso senza parole. È sbalorditiva. Mi interessano i trattati
di filosofia e di scienza, di botanica e zoologia. Tutto ciò che, fin
dall’antichità, s’interroga sull’essenza delle cose. È impossibile affrontare
l’argomento natura e trattarlo come qualcosa di esterno. Noi stessi ne facciamo
parte, e continueremo a farne parte anche quando saremo diventati altro. Per
questo ci vuole rispetto. Una celeberrimo verso indiano tratto dalle Upanishad
recita: “Tattvamasi”, che significa: “Tu sei Quello”. Quello, è qui inteso come
la realtà ultima. E Tu, in questo caso, significa il tuo Atman, la tua anima
singola, il tuo vero Sé. Un po’ come dire: sei parte del Tutto.
6.
Ci puoi raccontare qualcosa del tuo romanzo e del protagonista Joan?
Potrei forse definire il
romanzo una favola spirituale. Un apologo senza tempo, anche se mentre lo
scrivevo immaginavo un paese europeo, forse la Spagna, a cavallo fra il 18° e
il 19° Secolo. Un periodo particolare, di grandi spedizioni alla ricerca di
piante esotiche e rare, come le orchidee, di cui vi fu una vera e propria
mania. Spedizioni che, a volte, costavano anche la vita. È una storia ricca di
avventura, ma anche rivolta alla nostra parte più intima, dove il sogno e la
realtà possono ancora fondersi in una dimensione altra. Il protagonista, Joan,
è un bambino che possiede un dono segreto. Per scoprire qual è, basta leggere
il risvolto della copertina. Non è certo un giallo, piuttosto il racconto di
una vita eccezionale, diversa da tutte le altre. Joan è un personaggio che
potrebbe abitare in ognuno di noi. È la parte sensibile, fragile e insieme
fortissima, destinata ai traguardi più grandi.
7. Ti sei ispirato a
qualcuno in particolare per creare Joan?
Pensavo spesso
all’immagine di Arthur Rimbaud da giovane, direi ragazzo. Quella famosa
fotografia sbiadita, in cui sembra guardare l’infinito con occhi persi e
chiari. Non che Joan nella mia immaginazione somigliasse a lui, ma era quel
particolare sguardo a interessarmi. E a farmi spesso recare in un’altra epoca,
seppure nel libro indefinita. Inoltre, mi sono ricordato dei miei primi anni di
vita. Di quanto fossi sensibile, di tutti i mondi interiori che giorno dopo
giorno ero capace di creare. Poi nel romanzo Joan cresce, ma quel tipo di
sensibilità resta.
8.
La memoria degli alberi che cosa vuole insegnare ai lettori, quale
messaggio vuole trasmettere?
Un
messaggio troppo palese non mi piacerebbe. Non da parte mia, almeno. Per
capirci: la cosiddetta morale della favola. La memoria degli alberi ha in sé
molti temi, molti spunti, e ognuno può trarne le conclusioni che vuole. Poi ci
sono aspetti più importanti di altri, come la sensibilità o il rispetto per il
mondo di cui facciamo parte. Ma non c’è mai il “punto di vista dell’autore”, il
quale, ve lo assicuro, ha finito per annullarsi e lasciar parlare le pagine.
9.
Quale reazione ti aspetti dai lettori che si avventureranno nel tuo libro?
Non
ho aspettative. Ma ho ottime ragioni di credere che sono moltissime, di età ed
estrazione differente, le persone che potrebbero apprezzare questa storia.
10.
Un buon motivo per leggere La memoria degli alberi?
Credo
ce ne sia più di uno.
Senza
dubbio, però, La memoria degli alberi ha qualcosa di magico.
11.
Hai incontrato delle difficoltà nello scrivere il romanzo? Se sì, come hai
fatto fronte a queste difficoltà?
La
difficoltà fondamentale è stata quella di cimentarmi con una storia prepotente,
che mi ha dettato le sue leggi costringendomi a seguirla. Il difficile, poi, è
stato sviluppare la pazienza necessaria a dare corpo a una storia del genere,
aspettando che qualcun altro vi credesse, senza cedere mai. Neppure quando ho
perso lavoro e amore. Anzi, è stato proprio allora che ho scritto con più
forza, isolandomi in un posto lontano.
12.
Cosa ci puoi dire invece di La pittura e la pizza? E’ uscito nel ‘94
giusto? Si tratta del tuo romanzo d’esordio?
No.
Il mio romanzo d’esordio è questo. Nel frattempo ho lavorato molto in
pubblicità come copywriter, dunque sempre scrivendo, ho pubblicato alcune
poesie e qualche racconto breve. La pittura e la pizza era un racconto scritto
per capitoli brevi e sintetici. Una storia dai toni mediterranei e minimalisti,
molto diversa.
13. La pittura e la pizza ha alcuni punti in comune con il tuo nuovo libro oppure è qualcosa di totalmente diverso? Perché?
Era
una cosa totalmente differente. Trattava di un giovane artista in crisi
d’ispirazione e si svolgeva nel tempo presente, per di più nella mia città,
Roma. La memoria degli alberi è un romanzo in cui la dimensione temporale è
indefinita. Inoltre è un libro che potrebbe passare di mano in mano, a persone
di età e contesti diversi, ed essere compreso da tutti. Adesso amo le storie
ampie, che possano essere raccontate a chiunque, e che chiunque, magari a
livelli diversi d’interpretazione, sia in grado di comprendere e far sue.
14.
Quali sono i tuoi progetti futuri? Stai per scrivere un altro romanzo?
Ho
da tempo alcune vicende nel cassetto, che non mi abbandonano mai. E poi ho
un’idea. Non mi è saltata addosso come è accaduto l’ultima volta, ma è un’idea
che fa parte di me. È nell’aria che respiro, e per il momento prendo appunti.
15.
Ecco l’ultima domanda di rito, quella che faccio a tutti gli autori che ho la
fortuna di intervistare: vorresti dare un piccolo consiglio agli aspiranti
scrittori?
Se
si vuole raccontare qualcosa, bisogna dimenticare di esprimere il proprio punto
di vista. Bisogna essere curiosi, per poter carpire il linguaggio delle cose e
delle persone. Ma poi bisogna mettersi in ascolto, e lasciare che parli
attraverso di noi.
Bernardo
grazie per essere stato mio ospite qui alla Locanda! Ti faccio i miei migliori auguri per tutto e
sappi che qui sarai sempre il benvenuto!
ciao amorino ascolta nel nostro blog grafico è in atto un contest grafico ti andrebbe di partecipare? http://graphiceternal.blogspot.it/2013/04/contest-grafico.html
RispondiEliminaBellissima intervista!!! :)
RispondiEliminaQuesto libro è nella mia lista!!! mi attira davvero molto