venerdì 12 aprile 2013

Incontro con l'autore... Bernardo Notargiacomo!


Benvenuti alla Locanda dei Libri per una nuova puntata di Incontro con l'autore!
Oggi sono felicissima di ospitare l'esordiente Bernardo Notargiacomo, autore di una delle ultime novità di questi mesi: La memoria degli alberi.
Un romanzo speciale e promettente a mio parere, ed è proprio per questo che sono contenta di essere riuscita ad intervistare Notargiacomo, il quale ha reso questa chiacchierata davvero interessante!



Tutti i dettagli sul libro e la piccola biografia 
dell'autore li trovate cliccando QUI


INTERVISTA


1. Ciao Bernardo, benvenuto alla Locanda dei Libri! La prima domandona: chi è Bernardo Notargiacomo?
È una persona curiosa nei confronti del mondo e delle sue mille sfaccettature, amante dei libri dai quali non si stacca quasi mai.

2. Sognatore o uomo con i piedi per terra?
Bisogna sognare molto forte, con maggiore decisione, se si vuole che i propri sogni si realizzino. E in questo caso si diventa un misto delle due cose.

3. E’ vero che sei un viaggiatore? Cosa ti hanno insegnato i tuoi viaggi e quanto hanno contribuito al tuo percorso di scrittore?
Ho viaggiato abbastanza, sì. Quando avevo 14 anni fantasticavo d’imbarcarmi su qualche nave e girare il mondo così. Poi, a 21, ho fatto il  mio primo lungo viaggio in Asia e da lì non ho mai smesso del tutto. Ho vissuto spesso tra la gente dei luoghi che visitavo, dall’Asia alla Polinesia o gli Stati Uniti. Sono stato sposato con una bella donna cubana che è ancora mia amica, e ho avuto per parenti o amici persone di altre culture, altri luoghi. Amo in particolare l’Asia, ma anche la Polinesia, di cui per un periodo ho abbracciato lo spirito.
Tra fare una vacanza e un viaggio c’è una grande differenza. Nel primo caso si vuole solo staccare dalla routine e sfuggire allo stress del quotidiano. Il viaggio invece è un percorso interiore, che in teoria non ha fine. Si viaggia con ogni mezzo a disposizione, adattandosi, perché si è alla ricerca di qualcosa e, se si è pronti, se ne trova una parte ogni giorno. Il vero viaggio poi è in solitudine. Niente gruppi grandi, semmai una persona scelta, o meglio amata. Si possono incontrare persone, condividere tratti di strada, ma essenzialmente si percorre un cammino che ci porta a sperimentare, riflettere e cambiare di continuo.  Quando si viaggia, poi, un libro è indispensabile. Ti parla, ti mostra le cose sotto una luce nuova, facendoti compiere un viaggio nel viaggio.
L’aver visto cose e persone sorprendenti, l’essermi sforzato di vedere la realtà da altri punti di vista, l’aver amato chi viveva nel posto per me più lontano, ha contribuito a farmi sentire più ricco. E questo è qualcosa di fondamentale, quando si vuole scrivere.

4. Qual è stato il cammino che ti ha portato a scrivere La memoria degli alberi?
Un cammino tortuoso, nato da un’idea semplice, che mi ha raggiunto mentre innaffiavo le mie piante. Il tutto è nato dalla mia passione per il mondo vegetale, tempo fa molto più spiccata di ora. In particolare, ho avuto una vera e propria visione. Un punto di vista diverso. Per descriverlo, ho dovuto lavorare molto sulla cifra narrativa. Ho capito che dovevo usare un linguaggio semplice ma suggestivo, con rimandi ai classici di altre epoche. Ho faticato a rendere fluida e semplice una vicenda fantastica, densa di avventure e poesia, che scritta in altri modi non avrebbe mai potuto reggere. E a proposito di viaggi, il manoscritto mi ha davvero accompagnato ovunque, come i personaggi che lo abitavano e che poco alla volta hanno assunto contorni sempre più netti.

5. Com’è il tuo rapporto con la Natura?
La natura mi lascia spesso senza parole. È sbalorditiva. Mi interessano i trattati di filosofia e di scienza, di botanica e zoologia. Tutto ciò che, fin dall’antichità, s’interroga sull’essenza delle cose. È impossibile affrontare l’argomento natura e trattarlo come qualcosa di esterno. Noi stessi ne facciamo parte, e continueremo a farne parte anche quando saremo diventati altro. Per questo ci vuole rispetto. Una celeberrimo verso indiano tratto dalle Upanishad recita: “Tattvamasi”, che significa: “Tu sei Quello”. Quello, è qui inteso come la realtà ultima. E Tu, in questo caso, significa il tuo Atman, la tua anima singola, il tuo vero Sé. Un po’ come dire: sei parte del Tutto.

6. Ci puoi raccontare qualcosa del tuo romanzo e del protagonista Joan?
Potrei forse definire il romanzo una favola spirituale. Un apologo senza tempo, anche se mentre lo scrivevo immaginavo un paese europeo, forse la Spagna, a cavallo fra il 18° e il 19° Secolo. Un periodo particolare, di grandi spedizioni alla ricerca di piante esotiche e rare, come le orchidee, di cui vi fu una vera e propria mania. Spedizioni che, a volte, costavano anche la vita. È una storia ricca di avventura, ma anche rivolta alla nostra parte più intima, dove il sogno e la realtà possono ancora fondersi in una dimensione altra. Il protagonista, Joan, è un bambino che possiede un dono segreto. Per scoprire qual è, basta leggere il risvolto della copertina. Non è certo un giallo, piuttosto il racconto di una vita eccezionale, diversa da tutte le altre. Joan è un personaggio che potrebbe abitare in ognuno di noi. È la parte sensibile, fragile e insieme fortissima, destinata ai traguardi più grandi.

7. Ti sei ispirato a qualcuno in particolare per creare Joan?
Pensavo spesso all’immagine di Arthur Rimbaud da giovane, direi ragazzo. Quella famosa fotografia sbiadita, in cui sembra guardare l’infinito con occhi persi e chiari. Non che Joan nella mia immaginazione somigliasse a lui, ma era quel particolare sguardo a interessarmi. E a farmi spesso recare in un’altra epoca, seppure nel libro indefinita. Inoltre, mi sono ricordato dei miei primi anni di vita. Di quanto fossi sensibile, di tutti i mondi interiori che giorno dopo giorno ero capace di creare. Poi nel romanzo Joan cresce, ma quel tipo di sensibilità resta.

8. La memoria degli alberi che cosa vuole insegnare ai lettori, quale messaggio vuole trasmettere?
Un messaggio troppo palese non mi piacerebbe. Non da parte mia, almeno. Per capirci: la cosiddetta morale della favola. La memoria degli alberi ha in sé molti temi, molti spunti, e ognuno può trarne le conclusioni che vuole. Poi ci sono aspetti più importanti di altri, come la sensibilità o il rispetto per il mondo di cui facciamo parte. Ma non c’è mai il “punto di vista dell’autore”, il quale, ve lo assicuro, ha finito per annullarsi e lasciar parlare le pagine.

9. Quale reazione ti aspetti dai lettori che si avventureranno nel tuo libro?
Non ho aspettative. Ma ho ottime ragioni di credere che sono moltissime, di età ed estrazione differente, le persone che potrebbero apprezzare questa storia.

10. Un buon motivo per leggere La memoria degli alberi?
Credo ce ne sia più di uno.
Senza dubbio, però, La memoria degli alberi ha qualcosa di magico.

11. Hai incontrato delle difficoltà nello scrivere il romanzo? Se sì, come hai fatto fronte a queste difficoltà?
La difficoltà fondamentale è stata quella di cimentarmi con una storia prepotente, che mi ha dettato le sue leggi costringendomi a seguirla. Il difficile, poi, è stato sviluppare la pazienza necessaria a dare corpo a una storia del genere, aspettando che qualcun altro vi credesse, senza cedere mai. Neppure quando ho perso lavoro e amore. Anzi, è stato proprio allora che ho scritto con più forza, isolandomi in un posto lontano.

12. Cosa ci puoi dire invece di La pittura e la pizza? E’ uscito nel ‘94 giusto? Si tratta del tuo romanzo d’esordio?
No. Il mio romanzo d’esordio è questo. Nel frattempo ho lavorato molto in pubblicità come copywriter, dunque sempre scrivendo, ho pubblicato alcune poesie e qualche racconto breve. La pittura e la pizza era un racconto scritto per capitoli brevi e sintetici. Una storia dai toni mediterranei e minimalisti, molto diversa.

13. La pittura e la pizza ha alcuni punti in comune con il tuo nuovo libro oppure è qualcosa di totalmente diverso? Perché?
Era una cosa totalmente differente. Trattava di un giovane artista in crisi d’ispirazione e si svolgeva nel tempo presente, per di più nella mia città, Roma. La memoria degli alberi è un romanzo in cui la dimensione temporale è indefinita. Inoltre è un libro che potrebbe passare di mano in mano, a persone di età e contesti diversi, ed essere compreso da tutti. Adesso amo le storie ampie, che possano essere raccontate a chiunque, e che chiunque, magari a livelli diversi d’interpretazione, sia in grado di comprendere e far sue.

14. Quali sono i tuoi progetti futuri? Stai per scrivere un altro romanzo?
Ho da tempo alcune vicende nel cassetto, che non mi abbandonano mai. E poi ho un’idea. Non mi è saltata addosso come è accaduto l’ultima volta, ma è un’idea che fa parte di me. È nell’aria che respiro, e per il momento prendo appunti.

15. Ecco l’ultima domanda di rito, quella che faccio a tutti gli autori che ho la fortuna di intervistare: vorresti dare un piccolo consiglio agli aspiranti scrittori?
Se si vuole raccontare qualcosa, bisogna dimenticare di esprimere il proprio punto di vista. Bisogna essere curiosi, per poter carpire il linguaggio delle cose e delle persone. Ma poi bisogna mettersi in ascolto, e lasciare che parli attraverso di noi.

Bernardo grazie per essere stato mio ospite qui alla Locanda!  Ti faccio i miei migliori auguri per tutto e sappi che qui sarai sempre il benvenuto!

2 commenti:

  1. ciao amorino ascolta nel nostro blog grafico è in atto un contest grafico ti andrebbe di partecipare? http://graphiceternal.blogspot.it/2013/04/contest-grafico.html

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  2. Bellissima intervista!!! :)
    Questo libro è nella mia lista!!! mi attira davvero molto

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